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Pensavo che gli scrittori col passare del tempo migliorassero, e prima di abbandonare questo romanzo mi sono più volte chiesto se stessi leggendo Valerio Evangelisti (noto scrittore) o qualche ragazzino suo omonimo. Ahimè, la foto sulla quarta di copertina ha fugato ogni dubbio. Tortuga, dall’inizio a più della metà, è un copia e incolla di intere frasi personaggi piatti trama senza risvolti degni di nota in cui emerge Rogério il portoghese, eroe cui inspiegabilmente tutto è dovuto e che non incontra mai un minimo di difficoltà. Se a questo ci aggiungiamo che l’autore a un certo punto perde anche il filo del discorso, non credo che il resto dell’opera migliori poi di tanto. «Rogério fu interrotto da un fatto imprevisto che lo fece ricadere sulla panca.[]» Qualche riga dopo: «Il portoghese, rimasto in piedi durante il battibecco con l’aristocratico, ricadde a sedere sulla panca.» Forse gli editori farebbero bene a dare più spazio a scrittori meno noti, o aspiranti tali, se quelli affermati non hanno niente da dire.
Dopo aver letto i 2 libri di Evangelisti sul Messico,ho provato ad iniziare la trilogia dei Pirati in ordine cronologico. Le mie riminiscenze salgariane giovanili mi hanno agevolato,anche se qui lo stile di Salgari c’entra poco. Sono passati più di cento anni e si vede…Molto documentato,realistico (quasi brutale) come sempre, Evangelisti si legge bene e riesce ad avvincere il lettore. Si può perdonare qualche piccola incongruenza a questo buon romanzo di avventura con venature politiche.
Ho ritrovato gli stessi sapori che già avevano accompagnato la lettura di «Tortuga»: un esotismo sfrontato, un certo gusto nel ritrarre violenza e depravazione, personaggi ben delineati e forti, una figura femminile di primo piano e difficilmente dimenticabile. Le scene di battaglia sono minori e passano in secondo piano, infatti contano di più i rapporti umani, siano essi di sopraffazione, seduzione o amicizia. Evangelisti è un maestro del genere e leggerlo è sempre un piacere.
Brutto. Sotto ogni punto di vista.«Documentato con serietà» si legge nella sovracopertina. Già, peccato che Evangelisti si soffermi un po’ troppo spesso con compiaciuta indulgenza sulle scene violente (premetto che non sono una viola mammola). Ritengo che quando si è descritto un paio di volte cosa succede ad un cranio fracassato da una sciabolata sia più che sufficiente. Il resto è solo disgustoso e sadico piacere nel descrivere la sofferenza altrui. Così bravo a descrivere le scene di massacri, Evangelisti, così poco credibile quando passa ai dialoghi, che sembrano tratti da un fumetto. Alcuni passaggi, poi, sono degni della sceneggiatura di Lady Oscar. Comico il passaggio dal registro avventuroso a quello sentimentale, per cui lo stesso pirata che prima mutila senza alcuna pietà, taglia gole come affettasse prosciutti, poi si strugge come in un romanzo d’appendice per la sorellina morente. La «femme fatale» Gabriela Junot Vergara è rappresentata come l’Angelica «marchesa degli angeli» in salsa marinara (guarda caso, anche l’eroina dei coniugi Golon rapita dai pirati…): tutto uno sfarfallio di ciglia, bacetti mandati sulla punta delle dita, ammiccamenti nei confronti di Macary, il quale è tanto credibile come pirata così come una suora tra pornostar. Che dire, poi della verosimiglianza di una donna imprigionata per mesi da pirati, sbatacchiata da una nave all’altra, violentata, strapazzata che, così come ammette lo stesso narratore «miracolosamente» ha sempre acconciatura elaborata di perline/nastrini, trucco perfetto e abiti nemmeno un po’ spiegazzati?! E questo sarebbe realismo?! Non sto ad elencare le infinite incongruenze che si notano durante la lettura. Ad esempio: Gabriela è castano-bionda e alla fine ha i capelli nerissimi (ricrescita dopo tre mesi di prigionia?). Semplicemente ridicole alcune osservazioni del tipo «D’improvviso il cielo si illuminò di stelle». Luci a San Siro. Non manca naturalmente il pistolotto finale del pirata «eroe».Inaccettabile.