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Romana Petri scrive benissimo ma la storia non funziona.Il romanzo ingrana faticosamente dopo almeno un quarto della sua lunghezza ma si perde dietro i troppi temi intrapresi e non sviluppati dall’autrice. Mi è sembrata la brutta copia de «La casa degli spiriti» della Allende visti i riferimenti al rapporto con i morti della protagonista,accennati ma non sufficientemente contestualizzati,o delle torture subite dalla figlia da parte del regime. Il personaggio del cugino scrittore poi sembra messo l1 per riempire le pagine,non trovo la sua presenza determinante ai fini della storia. Ma soprattutto ho notato una superficialità nella conclusione che mi ha lasciato fortemente delusa e anche infastidita. Un po’ di rispetto per l’intelligenza dei lettori non guasterebbe
Conosco da poco questa scrittrice e ne sono rimasta estasiata. Il primo libro che ho letto è stato «ovunque io sia» che mi ha emozionato tantissimo fino a farmi commuovere. Questo è diverso ma altrettanto intenso e realista in molte introspezioni psicologiche. Inoltre è l’occasione per rendere note ancora una volta le vicende legate alla dittatura, le sue conseguenze non mi pare poco. Lo consiglio a tutti.
Grande fatica fino a pagina 150, poi il bisbiglio di Pennac è diventato un urlo. Basta, non riesco ad andare avanti, passo ad altra lettura. Scrittura banale, personaggi non credibili in un contesto che non regge. Poteva essere una cosa interessante, ma è un libro che non lascia niente, non serve.
Romanzo bellissimo. Intenso e molto commovente