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Persson é cosí, la sua narrativa é come un fiume che scorre placido, non ha nulla del thriller ricco di colpi di scena, allo scrittore svedese interessa il commento ironico, lo sfondo, il tratteggio dei personaggi, la ricostruzione di retroscena della storia recente del suo paese. nel suo genere e considerato che si parla comunque di uno scrittore «seriale
Io credo che proprio l’intrecciarsi della storia svedese con l’indagine sia il punto debolissimo di questo autore. Insomma, a chi non interessa affatto la narrazione di eventi del 1975 svedesi e di un narrare statico al limite dell’immobilismo, non può che sonnecchiare davanti a un libro del genere. Ogni tanto la fiammella del romanzo poliziesco torna ad accendersi, e allora qualche pagina scorre via gradevole, ma presto tutto torna ad impantanarsi nel linguaggio della «burocrazia romanzata». A mio parere romanzo del tutto perdibile.
Chi non ha mai letto Persson,ed è interessato a c.d.«gialli»che confinano con l’affresco storico,la descrizione di una società,l’analisi dei meccanismi del potere,ben amalgamati con le storie dei protagonisti,il tutto espresso con una scrittura fluida e scorrevole,ed una buona salutare dose di ironia e scetticismo nei confronti dei «poteri costituiti
Con i suoi commissari un pò diversi dal solito Persson riesce a incastrare vent’anni di indagini di più settori della polizia svedese con il suo solito stile. Belli anche i personaggi così diversi tra loro da Backstrom a Johansson e alle tre donne che alla fine risolvono l’enigma