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Libro decisamente riuscito. In alcune parti forse un po’ troppo prevedibile ma sicuramente meglio del film che ne è stato tratto. Nick Horbny è uno che sa scrivere e si merita tutto il successo che ha.
L’ho letto in inglese e l’ho trovato molto divertente. Non conosco la traduzione in italiano e non so quindi se letto nella nostra lingua faccia lo stesso effetto… Ad ogni modo, nella speranza che la traduzione italiana sia quanto più possibile fedele all’originale, mi sento assolutamente di consigliarne la lettura.
Prendete una balena, una lumaca, un pendolo e una grossa busta di zucchero, uniteli e otterrete i libri di Nick Hornby, ovvero pedanti, ripetitivi, lentissimi, sdolcinati e pesantissimi mattoni. Di quest’autore avevo già letto «E’nata una star?» che non mi era piaciuto granchè e ho voluto riprovare con questo libro (osannato dai lettori come uno dei suoi capolavori) giusto per farmi un’idea di questo benedetto Nick Hornby. Ebbene, «Un ragazzo» mi è piaciuto perfino meno del primo che ho letto. A cominciare dai difetti sopra elencati, una delle cose che mi ha dato più fastidio sono i personaggi che non conquistano, non hanno niente di speciale, non ti ci affezioni, sono talmente banali e stereotipati che li si può tranquillamente trovare nell’angolo dietro casa propria. In primis il protagonista Will Freeman, un totale menefreghista sociale desideroso soltanto di andare a letto con tutte le donne possibili e inimmaginabili, e lo stesso vale per Fiona che, anzichè preoccuparsi del proprio figlio, pensa solo a se stessa, alle sue paturnie mentali e ai suoi innumerevoli spasimanti! E Marcus, il figlio di Fiona, è un tizio visto e stravisto nei libri, in tv, al cinema: il solito secchione sfortunato e deriso dai compagni che alla fine in qualche modo riesce sempre a riscattarsi. Sono personaggi talmente freddi e vuoti che fanno rabbrividire! Le delicate tematiche affrontate riguardanti la solitudine personale, il disagio interiore e l’accettazione di sè hanno inoltre tutti i requisiti per far piacere il romanzo, ma a me sono sembrate soltanto delle prerogative dell’autore per tentare di far piacere i suoi «eroi» protagonisti e in qualche modo per potersi salvare come scrittore. In conclusione, non credo che leggerò altro di quest’autore.
Qualche anno fa ho letto «Alta fedeltà