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Confesso che il romanzo non mi è piaciuto. L’ inizio è lento e francamente noioso: il protagonista Gaspare, nato in una piccolissima isola in prossimità della Sicilia, spinto agli studi dal padre che sogna per lui un avvenire migliore, cerca faticosamente di ambientarsi in uno scombiccherato Liceo torinese (e qui l’Autrice sa di cosa parla dato che insegna proprio in un Liceo). Finalmente vi riesce, grazie al suo peggiorato rendimento scolastico, al fatto di procurare ai compagni le versioni di latino ed all’adeguarsi ai loro linguaggi e alle loro mode. In seguito la narrazione si avvita su stessa, quando Gaspare scopre una nascosta ed inesplicabile passione per le piante, che col tempo si trasforma in una vera mania. Forse le pagine più vere sono le ultime in cui il protagonista confessa al padre, ormai morto, il proprio fallimento. E conclude: «Tutti i miei compagni hanno fatto il mestiere del padre. È giusto così: chi ha il padre ingegnere fa l’ingegnere, chi ha il padre avvocato fa l’avvocato. Anche perché così il padre può sempre darti quel piccolo aiutino, tipo darti due dritte per la tesi, presentarti a un collega». Senz’ altro sconsolante!
Questo libro mi ha lasciata senza alcune risposte: che fine ha fatto Giorgia, l’amica d’infanzia? Possibile che l’amabile Madame Pilou non abbia mai tentato di rintracciare il protagonista? E la maturità? Come l’ha affrontata?. A parte questo l’ho trovato perfetto i pensieri di Gaspare erano adeguati alla sua età, semplici, diretti, senza troppi giri di parole e senza troppe paranoie. Ciò che voleva, o che credeva di volere, chiedeva tanto che la sua casa è diventata un «bosco». Mi sono affezionata a questo personaggio, ingenuo, intelligente e tanto bisognoso di ascolto. Già, proprio l’ascolto è mancato al caro Felix, ma non quello di una psicologa spicciola quello di un amico, di una madre, di un padre.. Qualcuno che se ne sta lì per ore, giorni ed anni immobile, senza giudicarti e senza parlare come una pianta. Fai di tutto per sentirti all’altezza, per ricevere un invito, per essere considerato. Non sai cosa vorrai fare, chi vorresti essere e dove sarai. Ti convinci che ti piaccia la strada intrapresa, ma in realtà non lo sai nemmeno tu se è veramente ciò che vuoi. L’adolescenza è così. E’ un periodo di enorme conflitto interiore, ricerchi conferme dal mondo esterno, prima di cercarle dentro di te. Perché tutti sono di passaggio, tutti corrono e nessuno si ferma e allora tu aspetti, aspetti e ancora aspetti…perché sai che un giorno arriverà il tuo grande momento e che qualcuno finalmente smetterà di correre… La vera felicità sta nel non aver bisogno di inseguirla. Lui non voleva fare il latinista ne l’avvocato ne il botanico. Gaspare, se avessi avuto la possibilità di conoscerti, mi sarebbe piaciuto tantissimo stare insieme sulla tua barca nel bosco.
L’inizio non è male. Purtroppo la trama poi si sviluppa in un qualcosa di inverosimile, i personaggi sono al limite del surreale. Ho faticato molto a finirlo. A me è sembrato poco consistente sinceramente e, a parte la denuncia all’istruzione pubblica in Italia, non ho trovato veramente niente di interessante.
Trovo che la Mastrocola abbia raccontato e descritto davvero bene il mondo giovanile. Sono una studentessa uscita da poco dal liceo, e conosco bene, più per esser stata testimone che «vittima