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Bello e solido questo secondo episodio del Commissario Bordelli. Due vicende che «parallelamente si incrociano» mettono a dura prova il protagonista, impegnato in una doppia indagine che appassiona e si fa seguire con molto interesse. Oserei dire che mi ha ricordato un po Harry Hole di Jo Nesbø, per l’ambientazione oscureggiante e la complessità intima del commissario che lotta con lo scorrere della vita ma sempre con lo sguardo rivolto al suo passato. Se conferma occorreva, conferma è stata.
Essere dei veri scrittori significa riuscire a costruire storie che travalichino la narrativa di genere, per essere vera e propria letteratura. E’ il caso dei giallisti italiani alla Lucarelli, alla De Giovanni, alla Vichi appunto, tanto per citare i più contemporanei. E come ogni serie «ben riuscita
Un bel libro. Un bel personaggio.
A volte i titoli dei libri sanno essere accattivanti, invogliandoti all’acquisto anche se poi non conosci ancora l’autore. E’ il caso del primo libro di Marco Vichi che ho letto (Morte a Firenze) e che mi ha spinto ad acquistare gli altri della serie del Commissario Bordelli. Questo in discussione si legge piacevolmente, attirati da una trama che ben si dipana sino alle spiegazioni finali del movente omicida del «mostro». Gradevole l’ambientazione, geografica e anche temporale, che fa da sfondo ad una umanissima figura di poliziotto. Un solo neo: qualche somiglianza di troppo con alcuni personaggi che fanno da contorno al Montalbano di Camilleri, ma, tutto sommato, quelli creati da Vichi non sfigurano.