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Rispetto ai precedenti di Banville, questo è un libro deludente. Manca la prosa tipica di Banville, quella che si trasforma in poesia, che ti invita a leggere per il gusto di leggere. Indiscussa è la bravura, ma il romanzo è «costruito
Mrs Gray è sopravvissuta , magari sopravvive ancora, ancora giovane , e ancora mi ricorda come io ricordo lei. A quale regno esterno devo credere quale sceglierò ? Nessuno dei due , poiché tutti i miei morti sono vivi per me e il passato è un luminoso presente eterno vivi per me eppure perduti, se non nel fragile aldilà di queste parole. Dopo questo illuminante pensiero esistenziale ….il resto è noia, tanta noia, un romanzo dovuto?
Felice ritorno del John Banville che avevo conosciuto ed imparato ad amare parecchi anni fa e che, a mio parere, un po’ si era perso con il trittico dublinese di Quirke, parentesi «giallastra» sicuramente gradevole,ma non sempre convincente. Con questo nuovo romanzo lo scrittore sembra tornare alle sue origini, nelle quali la sua scrittura ricca ed affascinante e’ al servizio di una grande capacita’ di analisi della psiche umana,delle infinite sfaccettature della realta’, dell’assoluta relativita’ del ricordo.Il vecchio attore Alex Clease,inaspettatamente (?) richiamato a lavorare come protagonista in un film che parla in realta’ di una vicenda che lo tocca molto da vicino - la figura ambigua di Axel Vander, le circostanze mai chiarite della morte della figlia Cass - sembra trovare,in questa circostanza, uno stimolo per riandare indietro nel tempo e parlarci della sua tormentata ed emotivamente devastante storia d’amore adolescenziale con la madre 35enne del suo migliore amico. La narrazione,di notevole impatto emotivo, sembra allora procedere su due piani : il rapporto con Mrs.Gray, dolce,passionale,sconvolgente,in grado di segnare in modo indelebile l’esistenza di Alex e sullo sfondo il rapporto con la figlia Cass e la sua fine misteriosa (un suicidio -?- a Portovenere Vander forse coinvolto, ma forse no..).Non tutto,alla fine,trovera’una chiara spiegazione, ma questo,sembra dirci Banville, fa parte della vita e della perenne indeterminatezza della realta’ e della memoria. Non penso che «l’educazione amorosa» sia davvero l’elemento fondamentale del racconto,quanto invece la storia di una vita,interiorizzata e rivissuta in quel modo frammentario e spesso distorto che ci e’ «naturalmente»imposto dal trascorrere del tempo.Forse utile per i lettori, sarebbe stato ricordare in copertina come questo romanzo rappresenti in realta’una tappa ulteriore di una storia iniziata con «Eclisse» e continuata poi con «L’invenzione del passato» (i personaggi sono gli stessi).