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Nell’avvertenza contenuta nel libro è scritto che, dopo la morte del profeta Maometto, «la religione è stata usata nelle lotte per la conquista del potere. Il popolo, che era stato unito intorno al profeta, ha vissuto divisioni, discordie e conflitti. L’islam, a quel punto, è diventato una guerra ideologica». La tesi dell’autore è dunque chiarissima. Si tratta della stessa tesi secondo la quale, in un altro campo, le tragedie prodotte dal marxismo realizzato concretamente nella storia non sarebbero un derivato necessario e inevitabile della teoria di Marx, ma una degenerazione occasionale dovuta alla inadeguatezza dei marxisti venuti dopo Marx. Anche Adonis fa la stessa, identica distinzione tra il fondatore Maometto e i suoi seguaci venuti in seguito. Solo a questi ultimi, secondo lui, sarebbero da attribuire la violenza, le divisioni, le discordie e i conflitti che affliggono il mondo islamico. Non metto assolutamente in dubbio la buona fede di Adonis e mi rendo anche conto di quanto sia preziosa in questo momento la sua denuncia che, provenendo da un intellettuale arabo, difficilmente potrà essere accusata di islamofobia. Quando però Adonis sostiene che la religione islamica è stata strumentalizzata dai politici per un mero desiderio di potere, non si rende conto che si potrebbe altrettanto legittimamente sostenere la tesi opposta cioè che la religione islamica (come tante altre religioni) si è servita del potere politico per conquistare «con le armi» la supremazia sulle religioni concorrenti. E questo già nel periodo in cui Maometto era vivo. Il quadretto idilliaco che Adonis dipinge e secondo il quale il popolo, al tempo del Profeta, sarebbe stato «unito attorno a lui» è tragicamente smentito da una lettura anche superficiale della storia. Per concludere, il libro e la sua lettura sono preziosi perché rappresentano un primo passo importantissimo. Restiamo in attesa del passo che completerà felicemente il suo viaggio. È superfluo essere più precisi.