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è il primo libro della Marklund che mi delude, una noia infinita.
Un libro veramente brutto. Scrittura che non coinvolge, personaggi scialbi, la storia forse non è male ma raccontata male. Tra gli scrittori di libri gialli del nord, Liza Marklund la peggiore.
Amante del giallo scandinavo ho letto Il Testamento di Nobel convinto di ritrovare le atmosfere di un Theorin o la flemmatica simpatia dei protagonisti di Mankell. Nulla di tutto cio’. La Annika della Marklund è uno scialbo personaggio mal caratterizzato e poco coinvolgente sul piano umano. La storia si dipana lenta con digressioni non funzionali alla storia, punteggiata da una schiera di personaggi che non bucano mai la pagina e che non convincono. Arrivati a metà libro sembra di non avere ancora capito dove l’Autrice vuole andare a parare: analisi esistenziale della famiglia della protagonista? denuncia dei meccanismi spietati che regoano il giornalismo scandinavo? E la storia? e la vicenda alla base del giallo? Dimenticati o per lo meno diluiti in pagine e pagine di noia profonda. Peccato l’idea di base poteva essere interessante. Il risultato è invece di massima delusione
Sicuramente Liza Marklund è l’autrice svedese che più si avvicina stilisticamente al pioniere del thriller scandinavo, Stieg Larsson. E’ il primo libro che leggo della Marklund e debbo dire di essere rimasto impressionato positivamente dal personaggio di Annika Bengrzon. Secondo il mio modestissimo parere critico, si sbaglia quando si tenta o si vuole equiparare la Marklund a Larsson perché descrivono due mondi realtà diverse dello stesso Stato L’uno descrive con un realismo disarmante come la Svezia combatte l’emarginazione delle persone che vivono ai «bordi» della società ghettizzandoli in apposite strutture cliniche. La Marklund al contrario con il suo personaggio mette in risalto la difficoltà della donna nella vita di tutti giorni, a mantenere una propria indipendenza lavorativa, e la difficoltà che esite nei suoi rapporti interpersonali. Oltre che il punto centrale della vicenda che di per sé trovo interessante perché fa conoscere ai profani come me le origini e la storia del premio Nobel l’autrice con una suspance morbida rende ance interessante lo sviluppo della situazione familiare della protagonista. Bisogna dire però che per fare una grande protagonista di una storia bisogna creare anche saper creare dei pesonaggi minori di un certo spessore e rilievo. In questo la Marklund è riuscita senza a mio avviso commettere errori. Leggendo questo libro mi sono chiesto più volte che romanzo sarebbe uscito se avessero scritto un romanzo a due mani Lei e Stieg Larsson?